Donatella Ferrario consiglia:.L’asino del messia” di Wlodek Goldkorn, Feltrinelli 2019

Il viaggio che insieme a Donatella abbiamo ripercorso è fatto di tappe, incontri e interviste che l’autrice ha raccolto e racconta nel libro. Grazie alle sue domande, davvero puntuali e circostanziate, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare storie di personalità diverse per altrettanti punti di vista sul concetto cosí denso di significati quale il confine. Già la bella introduzione di Claudio Magris ci prepara all’idea che i confini non sono soltanto geografici ma anche linguistici e sociali. Il libro offre tanti spunti di discussione e i temi trattati con ogni interlocutore sono sorprendentemente vari, me ne sono resa conto rileggendo il libro a distanza di settimane e scoprendo concetti che non avevo colto subito. La Trieste di Paolo Rumiz, l’isola di José Tolentino Mendonça, l’approccio psicologico di Eugenio Borgna, la fotografia di Uliano Lucas, la letteratura, la memoria e la traduzione in Antonia Arslan, l’identità e la cultura ebraica con Abraham Yehoshua e un capitolo in ricordo di Giorgio Pressburger. L’intervista che mi ha più colpito è anche l’inizio della ricerca: Pap Khouma, giornalista e scrittore nato a Dakar nel 1957 e immigrato in Italia nel 1984. In poche pagine racconta un mondo. Per lui “ il confine è un muro con le guardie“. E se non è facile essere immigrato, ad un certo punto diventa difficile anche tornare a casa, si vive quella che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad chiama „doppia assenza“. Un importante concetto come quello dell’appartenenza può essere raccontato anche attraverso la pratica del cousinage, che in un certo senso permette una vicinanza, una sorta di riconoscimento basato sullo stesso cognome. Sembra lontano dai comportamenti sociali che abbiamo imparato, ma forse è solo una delle declinazioni possibili e dimostra che ci si può riconoscere nelle differenze.